Ci sono regole di buona creanza che prescindono dalla modernità del tempo che viviamo perché universalmente riconosciute come fondamentali del “sapersi comportare nella vita di relazione”: in una società cosiddetta civile quando si arriva in un luogo è sempre bene salutare, di fronte alle persone anziane e alle donne è cortese cedere il passo, essere puntuali è indice di rispetto per il prossimo così come guardare negli occhi il nostro interlocutore quando ci parla, evitare di sbadigliare e masticare con la bocca chiusa… Giusto per citare alcuni intramontabili precetti delle buone maniere.
Negli anni le cosiddette nuove tecnologie, prorompendo nelle nostre azioni quotidiane, hanno arricchito e/o modificato queste regole aggiornando il nostro galateo che, tuttavia, deve rimanere alla base dei reciproci rapporti umani.
Ahimè se da un lato molti comportamenti educati avevano già cominciato a sbiadire mostrando un involutivo imbarbarimento dei comportamenti umani, dall’altro i nuovi strumenti di comunicazione hanno amplificato tale sintomo assumendo nuove e più invasive manifestazioni.
Queste amare considerazioni nascono dall’ondata di frasi, foto, video che ieri, giorno della santa Pasqua, hanno intasato il mio cellulare tramite l’applicazione WhatsApp, “bell’ingrata” potrebbe dire ironicamente qualcuno, “che persona anaffettiva” potrebbe giudicarmi freudianamente qualcun altro, persone cordiali e amorevoli rivolgono i loro auguri e questo è il ringraziamento?!
Credetemi non è così!
Una parte delle persone della mia rubrica telefonica, mi ha rivolto dei pensieri personali e sentiti, decisamente espressi sulla base di un legame affettivo attraverso parole legate ai nostri trascorsi di vita, fermandosi a pensare a cosa scrivere di veramente gradito e simpatico. Queste persone hanno pensato a ME nel momento in cui hanno cominciato a digitare sui propri cellulari.
A queste persone va tutta la mia gratitudine e condivisione di sentimenti così come il mio sincero affetto.
La restante parte dei miei contatti invece ha inviato una serie di frasi impersonali evidentemente copiate e incollate, frasi diffuse e “fatte”, riportare frettolosamente e inoltrate ad oltranza e indistintamente, complice anche la natura gratuita dell’applicazione che rende, tra le altre cose, estremamente generosi i suoi utenti. Questi “auguri” non dicono nulla se non che quel contatto ha voluto togliersi il fastidio di inviare un augurio di circostanza per mantenere un neutro, indistinto vincolo forse di lavoro, forse di conoscenza, forse di probabile utilità ma non certo di amicizia e, anche qualora, si fosse trattato di un rapporto professionale il canale è stato del tutto inappropriato potendo e dovendo invece, più correttamente utilizzare una e-mail. WhatsApp non è, nel modo più assoluto, uno strumento istituzionale e/o lavorativo.
Non vale la pena di soffermarsi troppo sulle immagini o sui video, che permettono di azzerare ogni sforzo di pensiero, senza contenere nemmeno il corredo di un straccio di parola si inoltrano con rapidità estrema. Una decina di quelli che ho ricevuto erano peraltro uguali tra loro, poco male mi è bastato vederlo una sola volta per sapere cosa il suo, a me estraneo, creatore avesse voluto augurare.
Nulla di unico, nulla di personale, nulla!
Penultima considerazione l’orario di invio.
A fine giornata, anzi serata, c’è chi ha pensato bene di ottemperare al proprio obbligo, dopo aver fatto le sue visite, preparato e consumato il proprio pranzo pasquale, dopo le chiacchiere e i baccanali, si è infine ricordato che bisognava fare gli auguri: Auguri di una serena Pasqua (esempio n.1), video (esempio n.2), foto (esempio n.3). Bene! Che grande educazione inviare un augurio alle 22:00 peggio ancora alle 23:00.
Riceve un augurio del genere equivale a non riceverlo affatto perché privo del suo senso: è ineducato, squallido finanche ridicolo. Si farebbe meglio a non inviarlo.
Ultima considerazione a difesa dell’applicazione.
WtatsApp è un mezzo di comunicazione facile e veloce ed è sicuramente pratico, tanto da essere usato anche dalle persone più attempate, il problema dunque non il canale ma ancora una volta l’uso che se ne fa; è l’atteggiamento di certi utenti che ritengono “out” o “vintage” le più banali forme di educazione come il salutare per il quale ci vuole qualche secondo da digitare, questo modo di agire danneggia quanto c’è di positivo nelle nuove tecnologie.
Voglio andare ben oltre dicendovi che se si dovesse riuscire a comunicare perfino col pensiero si continuerà a dire buongiorno perché modernità non significa maleducazione, perché l’EDUCAZIONE non ha tempo né spazio, semplicemente È non È. Noi vogliamo essere educati sempre e comunque.
Bisogna saper coltivare ogni tipo di legame con attenzione, garbo, pazienza e imparare ad applicare le regole di buona educazione a tutti gli ambienti anche quelli più tecnologici.
L’educazione va prima imparata e poi trasferita agli altri: genitori, educatori, mass media hanno un compito fondamentale in questo senso al quale non possono e non devono sottrarsi.