Qualche mese fa, dopo un casuale incontro e qualche scambio di messaggi è nato, in meno di mezz’ora, il gruppo WhatsApp “Centro Studi Pinetamare”: un numero dopo l’altro, un contatto dopo l’altro, in un rapido ed entusiastico scambio di informazioni, un frammento di vita di un gruppo di persone, che hanno condiviso 5 anni della loro esistenza, è diventato sempre più vivido nella memoria di ognuno. Le domande sono rimbalzate, le foto, i ricordi inseguiti e riconquistati, le risate e la nostalgia avvicendati… prima il passato e poi la ”mise à jour” con i vari “cosa fai”, “dove vivi”, “e la famiglia?”. Altre foto… la sorpresa di ritrovarsi adulti alle prese con situazioni inimmaginabili 27 anni prima ha il sapore strano, frammisto di incredulità e consapevolezza, del tempo che è passato, della strada che si è percorsa e di quella che ancora c’è da fare. Una bella sensazione che mi ha restituito, tra le altre cose, la fiducia nel buon uso della tecnologia, negli ultimi tempi infatti mi ero più volte ritrovata a pensare che, purtroppo, l’essere umano ha la capacità innata e insana di stravolgere il senso delle cose trascinando spesso nel ridicolo quanto invece è nato utile e piacevole. Attraverso le “App” e i “social”, le persone tendono troppo facilmente a perdere il senso dell’educazione e della misura, a scrivere secondo il “proprio” comodo in ogni momento e spesso a raffica, noncuranti del fastidio che possono arrecare agli altri e, ancora peggio tendono a condividere in modo ossessivo ogni momento della propria giornata, dall’alba al tramonto, foto scattate a paesaggi, cibi, negozi, persone e postate ad oltranza, frasi singhiozzate, frasi fatte, pensieri espressi anche fuori dal contesto dei discorsi dei famosi “gruppi”. Viene allora spontaneo chiedersi: “Come si fa a vivere un momento se viene continuamente interrotto per essere “condiviso” online?” Non si arriva nemmeno a scattare la foto che già “il gruppo” la vede e, mentre si replica ai commenti, l’emozione del momento non fa in tempo a nascere che già si è persa nelle chiacchiere, parlata piuttosto che vissuta! Che stress!
Come scrive Francesco Sabatini (presidente onorario dell’Accademia della Crusca) ne “Lezione di italiano”: “Il male non è insito nello strumento, ma nell’uso spropositato che se ne fa[…]”.
Recentemente “sono uscita” (frase magica su cui cliccare quando la valanga di chiacchiere ti schiaccia!) da alcuni gruppi nati per motivi specifici (lavoro in particolare modo) e degenerati in palcoscenici in cui ostentare la propria presenza attraverso immagini e frasi ripetute, quasi identiche, ogni santo giorno oppure attraverso considerazioni su questioni che nulla avevano a che vedere con il motivo/esigenza per cui ci si era riuniti in quegli spazi virtuali, insomma di tutto si scriveva fuorché di notizie utili al nostro lavoro. Certo non si può parlare soltanto di lavoro, direte. Ovviamente! Ma nemmeno si possono leggere 240 scritti pervenuti in 10 minuti, pensando di leggere o ricevere qualche importante comunicazione (essendo, lo ricordo, uno spazio di lavoro) e ritrovarsi invece a commentare per 10 minuti la foto di un piatto di lasagne!
Mi piace condividere, trovo che sia straordinario poter essere vicino alle persone lontane almeno virtualmente e, in qualche modo, accorciare le distanze, tuttavia ogni cosa deve essere fatta nella giusta misura e con la dovuta educazione (nel nostro caso con la dovuta “netiquette”); ringrazio quindi il gruppo delle mie ex compagne di liceo che sa partecipare senza essere invadente… buona annata quella del centro scolastico Pinetamare a.s. 1990/1991 🤗🤗🤗!