Sdraiata al sole, come tante altre persone in questo periodo, in una di quelle pose stereotipate da piscina/mare (ma anche terrazza volendo) con la mia rivista in mano (Grazia n°29), sono stata d’emblée “stuzzicata” dal titolo dell”8a delle 10 notizie di cui parlare: Non vedo l’ora che sia lunedì*.
L’occhiello, tuttavia, mi ha subito svelato un contenuto diverso da quello a cui ho ultimamente associato questa affermazione; per carità, nulla di sbagliato o poco chiaro o peggio ancora di fuorviante è solo che la frase in questione l’ho sentita, non so nemmeno più quante volte, da uomini e donne, di diversa età e professione, per intendere una fuga o ritorno (dipende dai punti di vista) ad un altro tipo relax e cura da stress! Spiacente di apparire spoetizzante o anche cinica…ma il lavoro o workplace poco c’entra. Soltanto in questi ultimi 7 mesi ho sentito dire con sorrisi, ammiccamenti, doppi sensi espressivi e verbali “…ma non è meglio venire a lavorare?” oppure “finalmente lunedì!” semplicemente per ritrovarsi con nuovi “amici/amiche” speciali, non semplici colleghi e colleghe, con cui condividere e sfogare gli accumuli di stress familiari e fatiche domestiche. E laddove il posto di lavoro non offre queste opportunità esso consente altre manovre di sopravvivenza… gli orari lavorativi sempre più flessibili e variabili sono la copertura privilegiata per altri incontri terapeutici.
Il lavoro tanto lodato e benedetto consente così di “camuffare” sotto la veste dell’incontro d’affari, dell’impegno con un cliente, della visita di un paziente, della riunione all’ultima ora, incontri di natura del tutto diversa da quella prospettata…
Per i mariti e le mogli, il lavoro fonte di appagamento professionale ed economico (“con possibilità di guadagnare una promozione e un miglior salario”) diventa anche ideale veicolo di liberazione dallo stress coniugale, piuttosto che familiare, accumulato durante il fine settimana. L’agognato lunedì rappresenta, sempre più frequentemente, lo sfogo, la fuga dalla prigionia coniugale, dai rapporti logorati e sopportati, verso nuovi batticuori, emozioni, giovinezze ritrovate, seconde vite e opportunità desiderate. Ma niente paura nessuna famiglia si distrugge anzi il lunedì prolungandosi fino al venerdì consente una scorta di energia tale da sopravvivere agli urti del fine settimana, con pazienza ritrovata e perfino buonumore.
Ovviamente non tutti aspettano il lunedì con lo stesso spirito e animo fuggitivi matrimoniali, ed è verissimo che il lavoro sia un diversivo e una pausa dalla quotidianità e dagli impegni familiari, che sedersi dietro una scrivania possa riposare le gambe e le braccia dai carichi di spesa, di panni da stirare, di figli da accompagnare a destra e manca, o di cose da riparare, così com’è vero che le chiacchiere tra colleghi anche quando si parla di problemi di famiglia assumono una tonalità meno pesante, una sfumatura più leggera e condivisa che stempera le difficoltà e i problemi; da questo punto di vista il lavoro è innegabilmente strumento di evasione e riposo ma diciamo pure che nel corso degli ultimi tempi, e forse nemmeno tanto recenti, l’espressione in questione ha trovato un ampliamento di significato se non un completamento all’occorrenza. Insomma se il geniale De Filippo diceva, a ragion veduta, adda passa’ ‘a nuttata oggi si direbbe adda passa’ u w.e!
Per quanto attiene alla dottoressa Damaske peccato che non operasse trent’anni fa, o che una sua antenata non avesse avuto le sue curiosità, mia madre avrebbe contribuito alla ricerca della Penn State University egregiamente lamentando, anche lei, il surplus di lavoro casalingo e familiare aggiungendo, dopo aver lavato l’ultimo piatto della domenica sera (senza lavastoviglie) e aver perfino preparato il pranzo per il giorno dopo, “…Ah, finalmente domani mi riposo in ufficio!” Ovviamente da figlia innamoratissima di mio padre preferisco inquadrare il suo sfogo nell’accezione voluta dalla giornalista Maria Teresa Cometto. Credo inoltre che, il consulente americano Richard Levak troverebbe, alla luce di queste “news”, quanto meno complicato “offrire la ricetta per diminuire lo stress della vita a casa e organizzarla esattamente come quella in ufficio”. Ma come direbbe il nostro italianissimo Alessandro Manzoni “Ai posteri l’ardua sentenza!”
*L’articolo, sulla base di una ricerca svolta da tale dottoressa Damaske della Penn State University, argomentava sul fatto che le donne sarebbero più stressate in famiglia, durante il weekend, che in ufficio a causa delle mille faccende di casa da svolgere e gli impegno con i figli.